CNAL - Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali
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I corridoi umanitari. Dalla società civile
un modello per l’Europa

 «Segno concreto di impegno per la pace e la vita» che «unisce la solidarietà e la sicurezza». Così Papa Francesco, all’Angelus del 6 marzo 2016, ha definito i corridoi umanitari, una iniziativa ecumenica intrapresa da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e Tavola Valdese. Un segno che il Papa ha voluto […]
13 Dicembre 2016
 «Segno concreto di impegno per la pace e la vita» che «unisce la solidarietà e la sicurezza». Così Papa Francesco, all’Angelus del 6 marzo 2016, ha definito i corridoi umanitari, una iniziativa ecumenica intrapresa da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e Tavola Valdese. Un segno che il Papa ha voluto ben presto accompagnare con un gesto di rilevanza storica, quando al ritorno dal viaggio a Lesbo ha portato con sé a Roma dodici profughi siriani.

Quella dei corridoi umanitari è una ricetta tutta italiana. Non a caso, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha citato i corridoi umanitari come esempio di quella «avanguardia della solidarietà» di cui è capace l’Italia nell’attuare «la nostra Costituzione, le carte sui diritti dell’uomo e i principi umanitari della convivenza». Tuttavia i corridoi umanitari sono anche un modello per l’Europa, un continente che fatica a conciliare la solidarietà, la fedeltà ai suoi valori e alla sua storia, con le esigenze di sicurezza e legalità.

Tra febbraio e ottobre, con i corridoi umanitari sono già arrivati in Italia circa 400 profughi siriani, oltre a una famiglia irakena: un volo di linea invece dei barconi degli scafisti, le procedure per l’identificazione gestite con accuratezza dai funzionari della Polizia, tra i sorrisi e i giochi dei bambini, applausi, commozione e strette di mano… Un’altra storia rispetto ai drammatici naufragi nel Mediterraneo e alle immagini degli sbarchi sulle coste siciliane a cui rischiamo di assuefarci.

Avviati sulla base di un Protocollo d’intesa sottoscritto dai ministeri dell’Interno e degli Esteri italiani, dalla Comunità di Sant’Egidio, la FCEI e la Tavola Valdese i corridoi umanitari sono un progetto-pilota [LINK: http://www.santegidio.org/pageID/11676/Corridoi-umanitari.html] e mira anche a costituire un esempio replicabile in tutta Europa. I principali obiettivi dei corridoi umanitari sono: evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo; consentire di entrare in Italia in modo sicuro per sé e per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane.  

I corridoi umanitari prevedono l’arrivo nel nostro Paese, nell’arco di due anni, di mille profughi dal Libano (per lo più siriani fuggiti dalla guerra), dal Marocco (dove approda gran parte di chi proviene dai Paesi subsahariani interessati da guerre civili e violenza diffusa) e dall’Etiopia (eritrei, somali e sudanesi). 

L’iniziativa è totalmente autofinanziata dalle associazioni che l’hanno promossa, le quali provvedono all’ospitalità dei profughi grazie ad una vasta rete di volontariato. Una volta arrivati in Italia, questi non sono solo accolti, ma viene loro offerta un’integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano. I rifugiati, in maggioranza musulmani, ma anche cristiani di diversa confessione (assiri, armeni, cattolici) hanno vissuto, in media, per tre anni in Libano, in campi profughi o abitazioni precarie. Adesso sono ospitati in appartamenti e strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale (Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana, Umbria, Trentino, Veneto).

Si tratta dunque di un’accoglienza desiderata, disseminata, familiare e perciò efficace. Di conseguenza, per chi giunge in Italia con i corridoi umanitari l’accoglienza non è mai abitare in luoghi, ma è incoraggiare la partecipazione alla vita della comunità locale, andare in gita o al parco con nuovi amici italiani, collaborare, ascoltarsi, andare oltre l’idea dell'accoglienza come una lista breve di servizi che lascia però le persone da sole.

Di ritorno dalla Svezia, papa Francesco ha esortato nuovamente gli europei ad accogliere i profughi con politiche delle porte aperte, ma anche con esercizio della prudenza. Un invito che già aveva fatto di ritorno da Lesbo dicendo: «Dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza e una delle cose su cui avere responsabilità è come integrare questa gente. Io ho sempre detto che fare i muri non è una soluzione, non risolve niente, dobbiamo fare ponti, ma i ponti si fanno con intelligenza».  

Prudenza, quindi, non è paura, ma, “intelligenza di un cuore che vede” e che sa quindi fare dell’accoglienza occasione di una crescita comune che non coinvolge solo qualche specialista. Molto ancora si può fare, come dimostrano le tante offerte di aiuto provenienti da tutta Italia.

 

Paolo Morozzo della Rocca

Comunità di Sant’Egidio

www.santegidio.org